Bruciatore per incenso

una bellissima illustrazione di un bruciatore di incenso, uno dei primi oggetti entrati a far parte del negozio Dadakko-Ya

Sono Marianna, un’italiana nata a Torino che, all’età di diciannove anni, il destino ha accompagnato per lunghi anni in giro per il mondo, facendomi approdare inizialmente nella torrida Dallas in Texas, portandomi successivamente in un paio di altri Stati a stelle e strisce per poi giungere alle radici del sole: in Giappone.

Potrei optare per  una presentazione molto prevedibile e che elenchi , in modo molto convenzionale, varie tappe ma questa non sarebbe che una forzatura.

Preferisco raccontarvi una storia partendo dalla fine dei miei giorni statunitensi.

Nella mia vita c’è stato un periodo, e che a posteriori non saprei se considerare lungo o corto, in cui per curiose ragioni mi ritrovai completamente impossibilitata a viaggiare.

Soffrivo molto per questa condizione che mi costringeva a sognare il mondo – e qui sta la paradossale ironia – dall’altra parte del mondo!

Mi trovavo sulla costa statunitense del Pacifico, in un luogo in cui le stagioni sembravano essersi fuse in un unico e mite abbraccio e dove interminabili strade incorniciate da altissime ed ondeggianti palme californiane creavano continuamente l’illusione di un sogno che acuiva la distanza fisica tra me e il mio Paese di nascita.

Dal balcone di casa mia vedevo sventolare, da sopra una collinetta, una grandissima bandiera messicana che si muoveva dolcemente, sospinta dal vento. Emanando un’aura di orgoglio mista ad una sofferente disperazione, segnalava a tutti gli occhi che incrociavano la sua presenza che sì… lì iniziava il Messico.

A mezzo globo di distanza dalla mia sabauda Torino, in una San Diego magnifica come un lussureggiante e profumato giardino, vivevo una sorta di strano esilio.

La mia finestra materiale si affacciava sull’oceano; su quell’imponente bandiera a tre colori; sulla boccheggiante e caotica Tijuana da cui riecheggiavano le melodie dei mariachi e la passionalità della voce di Vicente Fernández che racconta di innamoramenti e del suo Mexico lindo y querido; sulle palme rigogliose; su anonimi palazzi americani che più che palazzi sembravano grosse scatole contenenti misteriosi ingredienti.

Ma io mi affacciavo più volentieri dalla finestra di carta, quella fatta di tanti libri che mi raccontavano quel mondo che non riuscivo a vedere.

Distesa pigramente sul mio divano di casa, sdraiata sui verdissimi prati del Balboa Park in soleggiati pomeriggi oppure con le gambe a penzoloni dal molo di Imperial Beach che profumava di sale, di alghe e di pesce fritto, mi lasciavo affondare in quelle pagine vive.

Attraverso gli occhi di autori che forse non incontrerò mai, ho visitato il Vietnam in sella ad una bicicletta rimanendo ammaliata dalla semplice bellezza degli áo dài e trasalendo davanti ai bevitori di sangue di cobra, in sperduti villaggi rurali.

Attraverso i loro occhi ho visitato, per la prima volta dalla finestra di carta e poi in seguito lo avrei fatto per davvero, i poetici hutong della vecchia Pechino e l`imponente quanto surreale Piazza Tian an Men.

Attraverso i loro occhi ho sognato, ho sorriso, ho riso fragorosamente, ho provato rabbia ed impotenza, ho avvertito fame e poi disgusto.

Grazie a quel susseguirsi impetuoso di parole stampate io dimenticavo la solitudine ed il dolore di quel bizzarro confino riuscendo, finalmente, a viaggiare.

Quando poi questa forzata attesa cessò e la mia vita in Giappone ebbe inaspettatamente inizio, mi ricordai del conforto ricevuto da quelle letture nel mio strano esilio.

E allora pensai a tutti coloro i quali forse si trovavano in situazioni simili e le cui circostanze, poco importanti di per sé, stavano risucchiando – come famelici vampiri – la libertà di un desideroso viaggiatore.

Biancorosso Giappone nacque nel 2006, l`anno che coincide con il mio arrivo nel Kanagawa, a metà tra la città e le verdi risaie delimitate delle montagne del Tanzawa e dallo scorrere lento ed antico del fiume Sagami.

Dapprima cominciai a scrivere nel tentativo ingenuo di registrare, a mo` di diario, la mia esperienza giapponese affinché potessi un giorno riassaporarne le sfumature quando tutto ciò sarebbe cessato. Lentamente però quella specie di diario si tramutò in una finestra sul Giappone per tutti coloro i quali non potevano spostarsi.

Biancorosso Giappone stava diventando un implicito ringraziamento a tutti quegli autori attraverso i cui occhi trovavo la libertà di viaggiare oltre ogni confine terrestre.

E così, dal 2006 Biancorosso Giappone racconta il Paese del Sol Levante agli italiani e lo fa davvero mettendoci tutto il proprio cuore e il proprio sentimento fino quasi a spossare fisicamente ed emotivamente me che scrivo e a commuovere voi che leggete.

Già, perché negli anni i vostri occhi hanno pianto e hanno riso assieme a me e i vostri cuori gentili si sono affezionati alla casa blu da cui scrivevo, alla dolce Saku-chan, alle scatole mensili di wagashi di Ishii-san.

Quasi come a completamente di un formidabile cerchio, sono ritornata a Torino da cui continuo a scrivere di Giappone con lo stesso ed immutato sentimento discostandomi dal taglio wikipediano, puramente informativo da guida turistica o stereotipato che ambisce unicamente a diffondere una coreografia che non mi appartiene.Il nome stesso, Biancorosso Giappone, si ispira a Hinomaru (la bandiera del Paese) di cui, dal suo principio, si prefigge di arrivare all`essenza partendo dalle piume bianche e arrivando al suo cuore rosso.Qui, cari amici di sempre, c`è il Giappone della mia anima.