Potrei mettermi qui a raccontare, per filo e per segno con precisione, in cosa consistono i preparativi nipponici per il nuovo anno. Potrei raccontarvi cosa si fa, cosa si dice, cosa si mangia, dove si va.
Ma sono argomenti di cui ho già parlato ampiamente qui su Biancorosso Giappone in passato, raccontandovi le cose vissute in prima persona. Troverete, infatti, resoconti dei miei o-shoogatsu (Capodanno) trascorsi in Giappone, con riflessioni e pensieri su おせち料理 osechi-ryoori (con tanto di esperimento mio!). Guardate qui! E anche qua!
Vi posso però certamente dire che, pur a migliaia di chilometri di distanza, percepisco con chiarezza l’effervescenza di questo periodo e di tutti i preparativi.
Nella mie mente si susseguono immagini di attraenti riproduzioni in plastica di おせち料理 in esposizione nei centri commerciali; di cataloghi, altrettanto invitanti, colmi di pagine lucide dove con mille e ricche descrizioni si invitano potenziali clienti ad effettuare un ordine che assicuri un pasto elegante – e nel pieno rispetto delle tradizioni – pronto sulla tavola in festa per l’ultimo dell’anno.
Immagino il trambusto nei grandi magazzini, come anche nei modesti supermercati di quartiere dove innumerevoli cartelloni pubblicitari gareggiano l’uno contro l’altro nel conquistarsi l’attenzione dei clienti offrendo loro prodotti a prezzi sempre più irresistibili.
Immagino i templi addobbati per l’occasione e con bancarelle pronte a distribuire mazzetti d’incensi, bevande calde e お守り omamori.
Mi sembra di sentir l’odore del falò che veniva sempre preparato davanti al tempio Soochuji, vicino casa mia. Ardevano quelle fiamme propagando calore, luce e una fragranza che sapeva d’inverno, di speranza, di buoni propositi, ma anche di misteri.
Sono ricordi, questi, che ripercorro nella mente con una certa malinconia, ma anche con un certo conforto nel realizzare quanto la mia vita sia cambiata.
In meglio.
È inevitabile: ci si trova, sempre in questo periodo, a tirare le somme, ad abbozzare bilanci più o meno obiettivi dell’anno passato.
Nel Periodo Edo, e per molti secoli prima, i giapponesi misuravano il tempo in maniera molto diversa da quella che impieghiamo noi. Suddividevano sia il giorno che la notte in sei ore ciascuno, assegnando ad ogni ora il nome di uno degli animali dello zodiaco giapponese.
Si aveva, ad esempio, l’Ora del Drago che era poco dopo l’alba e l’Ora della Tigre che avveniva nel cuore della notte.
Suddivisioni del tempo create dall’uomo e che scandivano e scandiscono il ritmo della nostra esistenza.
Immagino che i giapponesi dell’antichità iniziassero a tirare le somme dell’anno vecchio all’avvicinarsi dell’Ora del Ratto…
…e allora si ripensava a quello che era stato e si era fatto fino a quel momento.
Per me questo duemilaquattordici è stato un anno positivo. Questo non significa che sia stato privo di difficoltà e di dolori, ma nel complesso è stato un anno rincuorante e colmo di gioie.
Ha rappresentato il culmine dopo il percorso di enorme sofferenza che ho vissuto a partire dal duemiladieci, l’anno in cui ho lasciato il Giappone e sono poi ritornata in Italia. L’anno decisamente più duro e più buio che la mia mente ricordi.
Il duemilaquattordici è stato l’anno in cui ho ritrovato la mia dimensione religiosa e spirituale grazie a cui ho imparato ad apprezzare, ancora più di prima, la gioia delle piccole cose, la preziosità del tempo, la purezza dell’intenzione.
Ho imparato a non avere più voglia né desiderio di conformarmi a tante cose solo perché si fa così e si usa cosà. Non mi interessa più.
Un esempio fra tanti è il Natale, ricorrenza che non festeggio più e di cui conservo solo il calore famigliare che tipicamente si avverte in quel periodo dell’anno.
È stato l’anno in cui sono riuscita a lasciarmi alle spalle una situazione lavorativa stagnante che risucchiava ogni mia energia senza premiarmi in alcun modo.
È stato anche l’anno di una colossale delusione d’amicizia. Una delusione che però, a posteriori, mi ha aiutata ad affinare l’occhio e il fiuto riuscendo in poco tempo a setacciare le già sparute amicizie che orbitavano nella mia vita e di cui un ancor più esiguo numero ha dimostrato di meritare il titolo di amica.
Questo duemilaquattordici si conclude con la speranza viva e vera del decollo reale di Dadakko-Ya per il 2015, meta verso cui sto lavorando con entusiasmo e un briciolino di sano timore.
Non ho voglia di dilungarmi in auguri che tanto non serviranno veramente a niente.
La mia speranza per tutti voi che mi leggete è che troviate ciò che vi rende sereni, ora più che mai in questi tempi di reale difficoltà.