




















Nel nostro viaggio dei sapori, intrapreso attraverso questa mia rubrica, giungiamo finalmente ad occuparci di un altro cardine del pasto giapponese tradizionale: la zuppa di miso o miso-shiru 味噌汁 .
È certamente parte irrinunciabile della katei-ryoori, o cucina casalinga (l’ambito favorito di questa rubrica), ma è essenziale di tutta la washoku quindi presente anche nella cucina non casalinga, ad eccezion fatta generalmente per la cosiddetta yoshoku 洋食 cioe la cucina in stile occidentale di cui vedremo, strada facendo, altri deliziosi piatti rappresentativi.
Abbiamo giàà incontrato un gustoso piatto yoshoku, se ricordate: la poteto sarada ポテトサラダ che ritrovate qui.
Daniela, una nostra lettrice, ha chiesto ragguagli in merito al miso e quindi questo articolo si propone di spiegare, fare un po’ di ordine e soprattutto rendere accessibile l’utilizzo di questo squisito ingrediente anche a chi sta ancora prendendo familiarità con la cucina giapponese casalinga.
Qui da noi in Italia si iniziò a fare amicizia, seppur timidamente al principio, con alcuni ingredienti classici della cucina giapponese attraverso la macrobiotica nel periodo, suppergiù, intorno ai primi anni Settanta. In quel periodo, alcuni degli esponenti di quella corrente, in seguito forse ad un senso di disillusione dovuto allo svanire delle speranze riposte nelle tante opere di rinnovamento sociale che avevano caratterizzato quegli anni, cominciarono a fare i conti con agognati ideali che tramontano e con un demoralizzante rientro “nei normali ranghi socialrobotizzanti” (Roggero Guglielmo, 13).
L’avvilente prospettiva di dover buttare alle ortiche certi ideali che avevano tanto appassionato per seguire iter prestabiliti, nei panni del bravo cittadino ligio con una laurea in tasca, una posizione lavorativa di prestigio, stipendio appetitoso, stima di amici e colleghi, una famiglia, una casa, una confortevole automobile, le vacanze, li riempiva di sconforto.
E si iniziò a guardare ad Oriente, inconsciamente forse alla ricerca di un misticismo – che fosse reale o solo percepito è un altro discorso – che potesse spezzare quel deprimente cerchio di routine e di ruoli perfettamente prevedibili.
La miccia dell’ispirazione arrivò principalmente attraverso gli scritti di tale George Ohsawa, pseudonimo di Sakurazawa Yukikazu 櫻澤 如一, scrittore di Kyoto, studioso di medicina cinese e inventore della macrobiotica.
Le sue teorie ebbero presa su diversi italiani del tempo tanto da spingerli a cambiare radicalmente la propria alimentazione e assumerne una completamente diversa, basate su alimenti alquanto distanti dalla tradizione mediterranea. E se già può essere arduo al giorno d’oggi riuscire a trovare una buona alga konbu, non oso immaginare cinquant’anni fa.
Cominciarono ad arrivare in terra italica, e solo per quei pochi che probabilmente venivano percepiti come degli eccentrici, delizie quali il miso, la salsa di soia, le alghe, il tofu, l’amido di kuzu, il te bancha, ecc.
Da allora molto è cambiato e, sebbene permangano valanghe di concezioni erronee sulla cucina giapponese autentica, forse è un mondo che si sta aprendo e sta diventando accessibile ad un numero sempre crescente di persone.
Tracce degli sforzi pionieristici della macrobiotica in Italia sono conservate tra le pagine di questo libro che mi regalò mia mamma, ovvero la prima edizione di un testo forse ancora di riferimento per la macrobiotica italiana moderna: Cucinare per il corpo e lo spirito di Elena Roggero Guglielmo.
Non intendo addentrarmi oltre in questo argomento perché non è il luogo adatto per farlo, ma preciserò soltanto che, pur trovando ovvie affinità gastronomiche dovute al mio legame col Giappone, non sposo assolutamente i principi fondanti di questa disciplina / filosofia.
Tuttavia, resta un campo stimolante per la ricerca e soprattutto per la riscoperta della mappa emotiva che collega la cucina del Giappone all’Italia.
Ritorniamo al nostro miso e più precisamente alla nostra miso-shiru.
Se ricordate, vi avevo spiegato che il pasto giapponese tradizionale ideale risponde alle caratteristiche della formula ichijuu-sansai 一汁三菜 ossia, una zuppa e tre piatti e dove il juu di ichijuu è la lettura cinese del carattere shiru 汁, ossia zuppa (lo stesso che ritroviamo in miso-shiru).
Il ruolo di questa zuppa, quindi, è di massimo rilievo. Accompagna, infatti, la colazione, il pranzo e la cena.
Il primo grande concetto da imparare subito e quello di zuppa libera e flessibile.
Cosa intendo?
Semplicemente intendo dire che, a parte alcune precisazioni sulla base stessa del brodo, vi sono libertà e flessibilità nella scelta degli ingredienti con cui arricchirla.
Sì, esistono combinazioni collaudate e molto amate, ma fondamentalmente sta alla creatività di chi cucina e forse soprattutto anche alla disponibilità della propria dispensa realizzare una varietà anziché un’altra.
Alcune delle combinazioni più amate sono:
- tofu, alga wakame, cipollotto;
- daikon (o rapa cinese) e alga wakame;
- aburaage (tofu fritto) e daikon;
- funghi shiitake e spinaci;
- cavolo e patate
- vongole e cipollotto;
- aburaage e cipollotto (la mia preferita!)
ecc.ecc.
Il limite è dato dalla fantasia..e dalla dispensa!
Diciamo subito che se questo è un grande vantaggio, soprattutto per noi che vogliamo realizzare piatti di cucina giapponese casalinga in un luogo dove tanti ingredienti sono ancora difficilmente reperibili, dall’altra la zuppa di miso richiede per forza – e inutile persino specificarlo – il miso poiché senza di esso la zuppa non esiste.
Possiamo trovare compromessi sul resto, come vedremo, ma sul miso proprio no.
Il miso è una pasta di soia fermentata per mezzo di un batterio chiamato Aspergillus Orizae o più semplicemente koji.
Il miso esiste declinato in tante varianti a seconda del cereale principale che ne costituisce la base.
Vediamone alcune:
- Mugi-miso o miso d orzo.
- Hatcho-miso o miso di sola soia gialla.
- Genmai-miso o miso di riso integrale.
- Kome-miso o miso di riso.
Questi tipi che ho menzionato sono tutti a base di soia gialla ma ognuno ha poi un cereale predominante, oltre al sale e ovviamente al koji.
Purtroppo qui da noi il miso è ancora appannaggio di negozi di alimentari naturali (coi conseguenti prezzi poco incoraggianti) oppure dei market asiatici.
Nei negozi di alimentari naturali / biologici tendenzialmente le varietà di miso in vendita sono di origine francese o italiana e credo siano in genere di alta qualità perché sottoposti a rigidi controlli necessari per mantenere varie certificazioni.
Non ho esperienze coi miso italiani o europei, ma segnalo per eventuali approfondimenti La Finestra sul Cielo i cui prodotti sono largamente distribuiti in vari punti vendita di alimentari naturali / biologici. La Finestra sul Cielo è stato inoltre il punto di partenza degli studi macrobiotici dei coniugi Guglielmo.
La faccenda nei market asiatici, invece, è un briciolo più nebulosa e caotica: qui a Torino, nei market orientali a gestione principalmente cinese, sono in vendita miso della peggior qualità e che sconsiglio caldamente a chiunque. Questi posti generalmente offrono il miso liofilizzato e su cui sinceramente non spenderei molte parole oppure il miso in pasta, ma strapieno di conservanti, con l’alcool in pole position.
Quindi, no.
Tenete a mente, se possibile, la seguente dicitura: mutenka 無添加 ossia senza additivi.
Se trovate un mutenka miso, ritenetevi dei privilegiati perché è, a mio avviso, la miglior tipologia.
Il miso che utilizzo io, il Maruyu della Hikari, è un mutenka-miso quindi senza additivi. Fino a poco tempo fa era reperibile da Yukiko-san, ma da quando ha chiuso ora mi rifornisco da Kokoro-ya di Via Piave, 9.
Esistono alcuni negozi online che vendono mutenka-miso non solo della Hikari ma anche altre marche, però sono quasi tutti in Francia o nel Regno Unito quindi tenete conto delle spese aggiuntive.
Allora, ricapitolando, abbiamo bisogno di:
ingredienti a scelta e miso.
Ora ci manca la base, ossia il brodo o dashi.
Per il brodo, avete quattro possibilità più una. Vediamole.
- Dashi di pesce + alga konbu
- Dashi granulare
- Dashi di konbu o konbudashi
- Dashi di funghi shiitake o shiitakedashi
La quinta possibilità è a mio avviso un po’ anomala, ma è quella proposta dalla macrobiotica della Guglielmo ossia l’uso semplicemente dell’acqua in cui stemperare il miso. La riporto per completezza, ma non mi sento di consigliarla perché credo sia carente di umami e del giusto equilibrio.
L’opzione A è in teoria la migliore, ma richiede che abbiate a disposizione il katsuobushi o scaglie di tonnetto essiccato, oltre che della buona konbu.
Qualora riusciate a reperire questi ingredienti, vi potrà tornare utile la ricetta del dashi casalingo che mi insegnò Kyoko-san e che riportai diversi anni fa nel mio vecchio blog. La trovate cliccando qui.
L’opzione B è la più comoda, pratica ed è quella a cui ricorro più frequentemente, ma presuppone riusciate a trovare il dashi granulare di pesce e che già contiene la konbu.
Generalmente, lo trovate nei market asiatici un po’ forniti dove la preferenza di solito va al marchio Ajinomoto.
Le ultime due opzioni, la C e la D, sono quelle più semplici e probabilmente utilizzabili un po’ in qualunque parte d’Italia vi troviate purché vi sia una discreta comunità asiatica presente con conseguente market: il konbudashi e lo shiitakedashi. Queste due opzioni sono inoltre le uniche due possibilità per chi segue una dieta vegetariana / vegana.
Il konbudashi è un brodo preparato mettendo in infusione (a freddo o a caldo) dell’alga konbu in acqua.
Konbudashi con infusione a freddo:
20g circa di alga konbu (non lavata ma solo leggermente sfregata con un canovaccio pulito)
1 litro d’acqua fresca
Riempire una caraffa con un litro d’acqua fresca e tuffarvi la konbu. Lasciare riposare almeno per una notte dopodiché filtrare con un colino a maglie strette. Il vostro konbudashi si conserverà per un paio di giorni, in frigorifero.
Konbudashi con infusione a caldo:
Stessi ingredienti di prima.
In una pentola versare il litro d’acqua e tuffarvi l’alga. Lasciare riposare per almeno un’oretta dopodiché accendere il fuoco e, a fiamma bassa, portare il tutto ad ebollizione e spegnere subito. Non fate mai bollire la konbu!
Lasciar raffreddare e poi filtrare. Si conserva in frigorifero per tre o quattro giorni. Si può congelare, se lo si desidera.
L’ultima opzione è lo shiitakedashi, un brodo a base di funghi shiitake.
I funghi shiitake sono tipici dell’Asia e molto usati sia nella cucina cinese che in quella giapponese. Se non trovate quelli di provenienza nipponica, andranno benissimo anche quelli cinesi.
Tra gli shiitake, la varietà più pregiata è quella invernale dei Donko in giapponese o Donggu in cinese.
Mi raccomando, per il brodo utilizzate solo funghi secchi.
Shiitakedashi con infusione a freddo:
3 funghi shiitake secchi
200ml d’acqua fredda
Con un canovaccio pulito pulite la superficie dei funghi eliminando eventuali impurità. Metterli a bagno nell’acqua fredda e lasciarli a riposo per almeno un paio d’ore.
Trascorso questo tempo, scolare i funghi e filtrare il liquido rimasto che potrà essere conservato in frigorifero o in freezer.
La nostra Obaachan おばあちゃん consiglia di usare gli shiitake (rimuovendone prima però la parte più dura del gambo) come ingrediente nella zuppa oppure per insaporire – perché no – un sugo per la pasta!
Bene, abbiamo quindi fatto chiarezza sugli elementi necessari per una buona zuppa di miso.
Miso, brodo (scegliete una delle possibilità proposte) e gli ingredienti che preferite tra ortaggi, tofu, pesce, ecc.
Vediamo ora due ricette per la miso-shiru: la versione con dashi in polvere e la versione base adattabile a qualunque variante.
Per la prima versione ho scelto di usare l’amatissima e comunissima triade wakame, tofu e cipollotto. Sentitevi liberi però di variare a vostro piacimento.
Miso-shiru con alga wakame, tofu e cipollotto (+dashi in polvere)
Per 2 persone
- 450ml di acqua fredda
- 2 cucchiai di miso
- 3g di dashi in polvere
- 1/2 cipollotto affettato finemente
- 3-4g di alga wakame essiccata
- 60g di tofu fresco
PROCEDIMENTO
- Affettare il tofu a cubetti.
- Affettare finemente il cipollotto usando, se si vuole, anche la parte verde.
- Mettere l’alga wakame a bagno in un po’ d’acqua calda e lasciarla a mollo per 2 minuti.
- Strizzare le alghe e tagliuzzarle grossolanamente.
- Mettere a bollire i 450ml d’acqua in un pentolino e versarvi il dashi in polvere.
- Un po’ prima dell’ebollizione aggiungere il tofu e il cipollotto.
- Mescolare e spegnere la fiamma.
- A fuoco spento aggiungere per ultimi l’alga wakame e il miso. Stemperare quest’ultimo aiutandosi con un colino.
- Mescolare bene e servire subito!
È sempre bene aggiungere l’alga wakame per ultimo per evitare che diventi viscida.
E – mi raccomando – non fate MAI cuocere il miso! È un ingrediente delicato che a contatto col calore diretto perde le sue preziose proprietà probiotiche.
Miso-shiru みそ汁 o zuppa di miso. Versione base.
Per 2 persone
- 450ml di brodo (di vostra scelta)
- 2 cucchiai di miso
- + ingredienti a scelta (sbizzarritevi: un cipollotto tagliato fine, qualche cubetto di tofu, un ciuffo di spinaci, daikon a striscioline, carote julienne, qualche fettina di funghi shiitake, ecc.)
- Mettete a scaldare il vostro brodo in un pentolino. Se usate il granulare, partirete ovviamente dall’acqua fresca a cui aggiungerete il dashi (v. prima ricetta).
- Portare ad ebollizione.
- Aggiungere subito gli ingredienti scelti, tranne il miso e l’alga wakame, oppure aggiungerli dopo. A voi la scelta.
Io ho usato ciò che avevo, in virtù del concetto di libera zuppa! Avevo tofu, qualche cubetto di patata e delle bietole.
Spegnere il fuoco e prelevare la dose giusta di miso. Aiutandosi con un colino, stemperare il miso nel brodo con delle bacchette da cucina (chiamate in giapponese saibashi 菜箸) o un cucchiaino.
In Giappone esiste uno speciale colino per questa operazione chiamato misokoshi 味噌漉し dal fondo allungato e dal manico posizionato verticalmente.
Noi possiamo tranquillamente arrangiarci con un colino comunissimo, come vedete nella foto.
Mescolare e servire subito.
La zuppa di miso viene generalmente servita in scodelle piccole laccate, con o senza coperchio.
Non è mai accompagnata dal cucchiaio poiché la zuppa di miso si beve con garbo direttamente dalla scodella e – con l’aiuto delle bacchette – si mangiano la verdura, il tofu ecc. al suo interno.
La zuppa di miso va frequentemente mescolata con le proprie bacchette, durante il pasto, poiché il miso stesso tende a depositarsi sul fondo.
Utilizzate ovviamente le scodelle che avete, cercando però di ricordare che sulla tavola tradizionale giapponese il miso va messo sempre a destra e il riso a sinistra.
La lunga spiegazione forse può spaventare, ma è un piatto velocissimo da realizzare, certamente più rapido (e più salutare) di una pastina col dado!
Cercate un buon miso, scegliete un’opzione per il brodo e poi date libero sfogo alla vostra creatività nella scelta degli ingredienti.
Buon miso a tutti!
Alla prossima ricetta di katei-ryoori!
E come si dice in giapponese prima di mangiare e bere:
Itadakimasu!