Mugi-gohan
Mugi-gohan

Ci vorrà indubitabilmente del tempo prima che si riuscirà a dare una forma e dunque un senso a quanto è successo nel mondo in questi mesi strani. Si ha sempre bisogno di una distanza temporale per assimilare eventi della vita e riuscire a coglierne l’essenza.

Il disorientamento dato dal cambio drastico dei ritmi di vita ha gettato molte persone, me inclusa, in una dimensione di smarrimento per molti versi inedito.

Sumeba miyako

Sumeba miyako

住めば都 Sumeba miyako è un famoso detto giapponese a cui sono profondamente affezionata perché è stato uno dei primi proverbi che m’insegnò la mia cara amica Kyoko.
Letteralmente significa: “se ci abiti è la capitale”. Significa che qualunque luogo, vivendoci, diventa speciale.

Sumeba miyako è un inno alla straordinaria capacità dell’essere umano di adattarsi alle circostanze che gli si presentano, a prescindere da quanto avverse queste possano essere.
E’ l’abilità nel riuscire a plasmarsi e a trovare nuovi equilibri anche quando la propria dimensione è stata messa completamente a soqquadro.

La capitale dentro di te

In queste interminabili settimane in cui addirittura il tempo sembra scorrere diversamente ecco sopraggiungere, spesso di notte oppure nei primi istanti dopo il risveglio, raggelanti consapevolezze.
Come ad esempio quella per cui la vita che conoscevamo appartiene al passato e sta già solennemente facendo ingresso nel regno del ricordo.

Ma quanti cambiamenti hanno investito la nostra vita da quando siamo coscienti di essa? Quanti eventi hanno rimescolato, spesso con violenza, delicatissimi equilibri conquistati a fatica?

Eppure in qualche modo ritroviamo sempre la capitale. Magari una capitale con nuovi elementi, nuove strade, nuove atmosfere, nuovi profumi ma sarà la nostra miyako che nonostante tutto conserva nelle fondamenta l’essenza del nostro cammino.

Mugi-gohan

L’ideazione della rubrica Riso d’argento è nata proprio in queste settimane lente in cui la mia capitale era stata rimessa in subbuglio ancora una volta. Rimanevano intatti però alcuni punti di riferimento e di appiglio che sono dopotutto le mie fondamenta.

E allora pensavo a quella bella tenacia di cui è capace l’uomo quando la strada si fa ripida. Quella perseveranza – o resilienza, per usare un termine ritornato prepotentemente in voga – che sa rimettere piano piano ordine nel caos.

Guardando al passato e a sofferenze lontane temporalmente ma sempre vicine, proseguo con queste ricette provenienti da un momento buio del Giappone: il secondo conflitto mondiale e poi l’occupazione americana.

La seconda ricetta proveniente dal ricettario di guerra della Prefettura di Chiba è forse il più umile e il più iconico di tutti: il 麦ごはん mugi-gohan ossia riso e orzo.

Come già detto, il riso bianco era diventato ormai introvabile tanto da guadagnarsi l’appellativo anelante di 銀シャリ ginshari ossia riso d’argento.

Quei pochi chicchi che si riuscivano a racimolare, spesso vecchi e aggrediti da insetti, venivano mescolati a qualche pugnetto di cereali. Primo fra tutti i cereali dell’epoca il mugi ossia l’orzo.

La ricetta del mugi-gohan

Preparazioni ridotte all’osso nella propria essenzialità, come a voler essere manifesto di un momento di grave carenza accompagnata però dall’inguaribile persistenza tipica dell’uomo.

Le proporzioni sono quelle dell’epoca e non certo quelle attuali dei tanti movimenti salutistici dediti alla riscoperta confortevole.

Ingredienti per il mugi-gohan

Ingredienti per una persona:

100g di orzo perlato*
50g di riso**
200ml di acqua

*Ho usato dell’orzo perlato marchigiano. Usate naturalmente ciò che avete poiché questo è lo spirito di Riso d’argento.
**Ci vorrebbe il riso giapponese che per noi qui può essere il riso per il sushi oppure eccellenti varietà nipponiche coltivate in Italia come lo yume-nishiki. Altrimenti, andrà bene un umile originario italiano che sarà particolarmente in linea con la filosofia di queste ricette.

Preparazione

Preparazione del mugi-gohan

Lavare sia l’orzo sia il riso un paio di volte. Trasferire entrambi i cereali in un pentolino e versarvi l’acqua.
Mettere a cuocere, con coperchio, a fuoco alto fino all’ebollizione. Dal momento dell’ebollizione abbassare la fiamma al minimo e lasciar cuocere – senza MAI alzare il coperchio – per circa dieci minuti.

Trascorso questo tempo, spegnere la fiamma e lasciare che il mugi-gohan riposi qualche minuto prima di servire.

Mugi-gohan

Proporzioni opposte

Durante la guerra generalmente il mugi-gohan arrivava a toccare proporzioni molto rigide tra orzo e riso, con il primo in netta prevalenza sul secondo. Spesso si mischiavano 7 parti di orzo e 3 parti di riso.

Bisogna tenere a mente che il riso con l’orzo avrebbe mantenuto per lungo tempo in Giappone la sgradevole etichetta del cibo di guerra e dunque, soprattutto nel periodo di grande benessere economico, nessuno si sarebbe sognato di abbandonare l’ora abbondante ginshari per quelle amare scodelle.

Le velleità salutistiche e di privilegiata riscoperta degli ultimi decenni hanno portato i giapponesi più attenti alla rivalutazione degli antichi cereali da mescolare al riso…in proporzioni praticamente opposte.

Candore senza macchie

La scodella perfetta di riso bianco al vapore avrebbe rappresentato il sollievo, la rinascita, la fine della fame e della sofferenza e mai più si sarebbe accettato di compromettere quel candore dato dai chicchi di riso raffinati e non mescolati ad altro.
Questo spiega il motivo per cui molti giapponesi di una certa età non accettano di buon grado rimaneggiamenti salutistici del riso che invece possono rappresentare un gustoso diversivo per chi non ha mai dovuto conoscere la fame da vicino. Una ritrosia che mi sento di comprendere.

Zakkoku-gohan

In Giappone esistono ormai comunemente in commercio delle miscele di riso bianco mischiato ad una varietà di cereali, associate all’idea di alimentazione sana. In foto vedete un esempio di queste miscele chiamato 雑穀ごはん Zakkoku-gohan dove il termine zakkoku indica il mix di cereali assortiti.
Questo zakkoku-gohan è stato un regalo che ho ricevuto dalla mia cara Sakura ed è nella comoda versione precotta, pronta da essere scaldata in microonde.
Questa varietà in particolare vanta ben 18 cereali mischiati al riso bianco, tra cui gli azuki, il miglio, l’amaranto, il sesamo nero e naturalmente l’immancabile orzo.

Curiosità: la salsa di soia…di guerra

Salsa di soia giapponese

La salsa di soia è uno dei condimenti pilastri della cucina giapponese tanto da essere il quarto nella lista tradizionale degli elementi imprescindibili dei sapori, una lista che segue lo stesso ordine delle sillabe col suono S e che ne determina l’ordine di aggiunta in una ricetta:

さ SA per satō ossia zucchero
し SHI per shio ossia sale
す SU per su ovvero aceto
せ SE per seiyu (antica forma di shouyu) cioè salsa di soia
そ SO per il miso

Durante la seconda guerra mondiale e anche nel corso dei primi anni dell’occupazione americana ad essere sottoposti a razionamento erano anche i condimenti di base e certamente quindi tutti i sa-shi-su-se-so.
La salsa di soia, ad esempio, soprattutto verso la fine del conflitto arrivò ad essere dosata giornalmente per persona per una dose pari più o meno a mezzo cucchiaio.

Delle volte, però, non c’era nemmeno quel mezzo cucchiaio.

E allora che si faceva? Si ricorreva ad un surrogato di cui esiste ancora la ricetta, piuttosto laboriosa, in vecchi appunti di massaie dell’epoca e in qualche libro dedicato all’alimentazione di quegli anni.

Si preparava una soluzione di acqua e sale in cui si metteva in infusione dell’alga konbu. A parte si facevano tostare dei fagioli di soia che poi si univano alla soluzione acqua+sale+konbu e si lasciava che il tutto sobbollisse lentamente per molto tempo.

Il risultato era un liquido chiaro e leggermente denso, in grado – secondo le testimonianze di chi l’ha preparato – di ricreare almeno in parte il sapido effetto avvolgente della salsa di soia vera.

Surrogato della salsa di soia con sashimi. Foto di proprietà di Nikkan Spa.