
Ha ufficialmente inizio questo nuovo spazio intitolato Saggezze di un Himekuri, annunciato la volta scorsa qui.
Questo spazio vuole essere una pausa di respiro in questo momento di eccezionali stravolgimenti dove, ne sono certa, in tanti abbiamo avuto un assaggio di una paura che non conoscevamo. Un sorso denso di ombre che non credevamo neppure esistessero.
Vuole anche essere però un invito alla riscoperta dei blog, del piacere sublime di raccontare e farsi raccontare. Una maniera calma e posata con cui divincolarsi, almeno in parte se non del tutto, dalla forza livellante ed esasperante dei social.
Come già anticipato, vi presenterò periodicamente alcune saggezze scelte a caso da un vecchio himekuri. Ognuna sarà tradotta e accompagnata da un mio commento e riflessioni.
Vi consegnerò ognuna di queste saggezze assieme alla speranza che partecipiate con i vostri pensieri.
Oggi e domani
Nello scegliere a caso una pagina dello himekuri, ecco a noi un 諺 kotowaza, ossia proverbio o modo di dire, che ci regala il giorno 19 aprile 2015 (domenica), vergato negli eleganti tratti del calligrafo Nagayama Norio e che ringrazio per il font:

今日考えて明日語れ
Kyou kangaete asu katare
Traduzione
Rifletti oggi e parla domani
Un invito cristallino e piacevolmente diretto (il verbo kataru espresso nella sua forma imperativa katare pone l’accento proprio su questa franchezza) alla riflessione prima di qualunque cosa.
E’ un detto che ricorda quel modo di dire nostrano che ci esorta ad azionare il cervello prima di mettere in moto la lingua.
Un ammonimento gentile che sembra particolarmente rilevante ora più che mai, in quest’epoca dove le voci più prepotenti, seppur spesso solo roboanti ma prive di contenuti, hanno il sopravvento sul resto. Soprattutto ora dove in tanti sembrano solo parlare senza ascoltare e dove di frequente il dialogo è ennesimo esempio di comunicazione a senso unico.
Riprendiamoci con fermezza il lusso di riflettere e ponderare, senza cedere all’invitante tentazione della parola istantanea che deruba il pensiero della sua profondità e lo relega in un angolo di volgare banalità.
Marianna