
Nijūshi-sekki: un antico strumento da riscoprire
Credo che l’antico calendario giapponese riesca con elevata precisione a descrivere le lievi (a volte impercettibili) trasformazioni della natura nell’arco dell’anno. Mi piace farvi riferimento proprio perché sa cogliere con meticolosità quelle leggere variazioni che il più delle volte sfuggono. O che forse non passano inosservate all’occhio di chi – ancora – si guarda intorno.
Si tratta del calendario cosiddetto 二十四節気 nijūshi-sekki cioè le ventiquattro ripartizioni dell’anno solare. L’intero anno solare, dunque, si divide in ventiquattro fasi principali (節気 sekki) che corrispondono ai momenti di trasformazione di maggior rilevanza climatica. Ogni fase viene poi ulteriormente suddivisa in tre microfasi chiamate 候 kō o stagione. In totale, si avranno quindi settantadue kō che restituiranno un quadro altamente accurato di tutto ciò che avviene a livello di temperature, di flora a fauna nell’arco di tutto l’anno.

È un calendario di antica origine cinese, nato nel mondo contadino in cui era essenziale riconoscere il momento giusto per la semina. Introdotto in Giappone intorno al VI secolo d.C. nella sua versione originale cinese, questo calendario non mantenne la sua forma a lungo. Era necessario, infatti, che esso riflettesse le caratteristiche territoriali giapponesi. Storicamente se ne attribuisce il perfezionamento ad un grande astronomo del Periodo Edo di nome 渋川春海 Shibukawa Shunkai.

Nuovo sekki
A partire da oggi 19 febbraio ha inizio un nuovo sekki cioè la seconda ripartizione maggiore da inizio anno. Si chiama 雨水 usui e si può tradurre con acqua piovana. Questo sekki terminerà intorno al 5 di marzo. E oggi ha inizio la sua prima microfase chiamata 土脉潤起 tsuchi no shō uruoi okoru ovvero il momento in cui la pioggia inumidisce il terreno.
Secondo questo calendario, la primavera è già cominciata, precisamente il 4 febbraio con l’inizio di 立春 risshun ovvero il primo sekki dell’anno solare.
Dolce estemporaneità
In uno dei miei recenti giri solitari per la malconcia Chinatown torinese, in un giorno di Risshun, ho trovato queste caramelle:

Si tratta di caramelle alla frutta di Hello Kitty (ciliegia, mela e arancia) prodotte per i festeggiamenti del Nuovo Anno. La confezione molto colorata ricorda la forma del Monte Fuji e tutte le decorazioni su di essa sono chiaramente ispirate al periodo di fine anno. Incluso l’elegante kimono che Hello Kitty indossa per l’occasione.
Il sekki corrispondente è l’ultimo dell’anno ossia quello di 冬至 Tōji ovvero del solstizio d’inverno che copre il periodo dal 22 dicembre al 4 gennaio.
Ogni involucro nasconde un おみくじ omikuji, ovvero un oracolo o predizione scritta diffusi nelle credenze shintoiste e buddiste.

Sollevando un lembo dell’incarto sarà possibile scoprire l’omikuji che riporterà, secondo la tradizione, alcuni messaggi del tipo: 吉 kichi (fortuna) 大吉 daikichi (grande fortuna).

Damako-nabe
Tra le specialità della cucina invernale giapponese che prediligo vi sono senz’altro i 鍋物 nabemono ovvero quelle preparazioni dove gli ingredienti si mettono a cuocere in un brodo, in una pentola (nabe), generalmente di coccio. Sono piatti che trasmettono calore e convivialità e sono, inoltre, facilmente personalizzabili in base alle proprie preferenze.

Anni fa ebbi la possibilità di procurarmi una 土鍋, donabe ossia la tradizionale pentola in terracotta, proveniente da Iga, nella Prefettura di Mie, grazie ai saldi di Muji qui a Torino. Da allora me ne prendo molta cura perché ogni inverno arricchisce le nostre cene con un tocco di confortante giapponesità.
Ogni inverno, tra le mie preparazioni immancabili vi è senz’altro la 石狩鍋 Ishikari-nabe a base di salmone e verdure, nonché tributo alla cucina di Hokkaidō.
Quest’anno, invece, ho voluto dare spazio ad un classico della cucina regionale giapponese, in particolare della Prefettura di Akita: だまこ鍋 Damako-nabe.

Si tratta di uno stufato a base di: pollo, verdure, polpette di riso. Il tutto fatto cuocere lentamente in un brodo molto saporito.
La ricetta originale prevede alcuni ortaggi non facili, se non addirittura impossibili, da trovare qui. Ma il problema è presto risolto: è sufficiente sostituirli con le verdure a disposizione.
La particolarità della Damako-nabe è la presenza delle だまこ damako appunto, ovvero delle polpette di riso. L’idea nasce dalla necessità di evitare gli sprechi in cucina e utilizzare ogni singolo chicco di riso avanzato.
E così, in questa ultima fase d’inverno, a cavallo tra Risshun e Usui, ho preparato questo piatto infuso del tepore di casa, mentre fuori una fredda oscurità ammanta ogni cosa. In quel delicato momento di transizione in cui si avvertono ancora gli artigli del freddo ma, al contempo, si percepiscono già i primi effluvi di una primavera non poi così distante.
Riso
Servirà innanzitutto avere del riso cotto, avanzato o preparato appositamente. Nei miei consueti giri per la malconcia Chinatown torinese sono riuscita a ritrovare addirittura una vecchia conoscenza, tra gli scaffali caotici di una delle botteghe solite:

Il celebre riso Nishiki, varietà giapponese storicamente coltivata in California. Credo sia stata una delle prime varietà a venir coltivata negli Stati Uniti guadagnandosi, così, il posto di veterano dei risi.
E avendo vissuto in California per molti anni, ricordo bene le buste di Nishiki nei market asiatici nella Convoy Street di San Diego. E ritrovarlo qui, a Torino, nel solito confortante caos degli scaffali dello Yang Guang Market è stata una sorpresa molto grande.
Non avevo del riso avanzato dunque ne ho preparato un po’ appositamente.
Dashi

Servirà necessariamente del dashi, ossia uno dei cardini della cucina giapponese e di cui ho scritto molto negli anni: un brodo essenzialmente a base di acqua, alga konbu e katsuobushi (scaglie di tonnetto secco). Si può preparare fresco disponendo, ovviamente, di katsuobushi di qualità. Tuttavia, la scorciatoia più comune e più economica è quella del dashi in polvere.
Nella solita malconcia Chinatown della mia città riesco, incredibilmente, a trovarne ben quattro marche diverse! Insomma, non ho che l’imbarazzo della scelta!
Addirittura, sono persino arrivate le confezioni già in tema primaverile del dashi di Shimaya adornate da romantici rametti di ciliegi in fiore.
Preparazione della Damako-nabe
Ingredienti:
400g di riso cotto
400g di pollo (cosce e petti)
Un cipollotto verde
del cavolo
Uno o due shiitake
Mezza carota
Una patata
600ml d’acqua
un pizzico di sale
due cucchiai di salsa di soia
due cucchiaini di dashi in polvere
due cucchiai di maizena o amido di mais
Per le Damako:

In un sacchetto versare il riso cotto e i due cucchiai di fecola di patate. Chiudere il sacchetto e schiacciare il tutto con le mani, delicatamente, fino a quando il composto non sarà diventato omogeneo. Si dovrà ottenere un impasto un po’ colloso. Con una bacchetta o altro, dividere l’impasto in sei parti uguali. Con le mani inumidite in acqua e sale, modellare ognuna delle sei parti dando loro la forma di una polpetta.
Mettere da parte, assieme alle verdure lavate e mondate.

Per le verdure, usate ciò che avete. Per gli shiitake secchi, ricordatevi di metterli in ammollo in acqua calda per un’oretta circa. Tagliare il resto delle verdure a pezzi non troppo piccoli.
Nella donabe (o altra pentola) versare l’acqua, il sale, la salsa di soia, il dashi. Mescolare bene e aggiungere il pollo. Far sobbollire fino a cottura quasi ultimata del pollo. Dopodiché aggiungere le verdure. Non è ancora il momento di aggiungere le damako.
Lasciar cuocere il tutto a fiamma media, fino a quando le patate o altri tuberi non saranno teneri.

Infine, calare le damako nel brodo facendo attenzione a non romperle. Chiudere il coperchio e lasciar cuocere per altri 5 minuti circa.

Servire in scodelle capienti.

E forse, chissà, con questa Damako-nabe inizio a salutare l’inverno. Ma assieme all’inverno se ne vanno anche altre cose. D’altra parte, la vita è questo: un ripetersi ma anche un rigenerarsi continuo.