Kawakami Hiromi. Foto di proprietà di The Reading Life.

Ci sono parole ed eventi che, chissà perché, restano impressi indelebilmente nei ricordi. E’ successo, ad esempio, con una riflessione di Michael Emmerich, straordinario traduttore e professore di letteratura giapponese presso il dipartimento di Asian Studies della prestigiosa UCLA. In uno dei suoi volumi, principalmente rivolti a studiosi di lingua e letteratura giapponese, Emmerich paragonò un racconto di Kawakami Hiromi a un dolce. Una ricca torta al cioccolato, se non ricordo male.

Una sequenza di racconti che il professore equiparò a un abbondante banchetto la cui degustazione avviene al contrario cioè partendo da un sontuoso dolce. E quindi dal mondo incantato di Kawakami Hiromi.

Dolce accoglienza a settembre

Fichi maturati sotto i raggi di un sole di fine estate. La parola sulla foto è il nome giapponese del frutto ossia ichijiku.

Avevo iniziato a scrivere questo articolo il primo di settembre ma poi è rimasto in quel cantiere dove ultimamente sempre più cose tendono a stazionare. Voglio lo stesso dare il benvenuto a questo mese perché è l’aggraziata volta d’ingresso verso l’autunno. E il mio benvenuto avviene così, con uno scatto a questi dolcissimi fichi delle colline piemontesi.

Ed è la dolcezza di questo nobile frutto che si presta da gancio naturale all’amabile candore della penna di Kawakami.

Perché è proprio a questa scrittrice che oggi dedico queste mie parole. In questo inizio di settembre di quest’altro anno così turbolento ecco che mi ritaglio un momento di vitale spensieratezza e ricerca di uno spazio di pace. E cascate copiose di bellezza. Salvifica bellezza ovunque, tra le pennellate di artisti di strada e dal cuore libero oppure tra le pagine della più bella letteratura di sempre.

Kamisama

La mia amata copia di Kamisama di Kawakami Hiromi.

Sarà stata l’autorevolezza di Emmerich che traspare dai suoi appassionati ma severi scritti a mettermi un po’ in soggezione. O forse era solo la mia immaginazione. Sia come sia, complici queste impressioni e quelle riflessioni pasticcere del professore, per diverso tempo ho creduto di non essere pronta per avvicinarmi alla scrittura di Kawakami.
Immaginavo la sua penna immersa in uno sfuggente microcosmo fatto d’introspezione, di drammi esistenziali e qualche scintilla di mistero.
Credo ci sia un tempo per ogni cosa ed evidentemente il mio tempo per Kawakami è ora.

Kamisama 神様 è il titolo del primo racconto di questa scrittrice, pubblicato nel 1994. Ma è anche il titolo di una raccolta di brevi racconti (v. foto).
Kamisama significa Dio. La parola viene usata anche per indicare in senso generale le divinità, soprattutto quelle del pantheon shintoista.

Sfogliando Kamisama…qui uno stupendo racconto dedicato ai Kappa. Vi parlai qui di queste creature mitologiche.

Non sapevo bene cosa aspettarmi. Avevo questo distante ricordo delle parole di Emmerich il quale, è bene precisarlo, ha tradotto in inglese moltissimo di questa scrittrice diventando a mio avviso un esperto del suo stile e del suo messaggio.

Ho iniziato dalla prima storia ovvero da Kamisama, appunto.

Ed è stato come entrare in punta di piedi in un giardino fatato, un po’ come quelli che inaspettatamente punteggiano segretamente Torino. Oppure come il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett.

Basta leggere la prima frase del celebre racconto per trovarsi catapultato istantaneamente in un mondo impregnato di quel magico realismo che contraddistingue la penna di Kawakami.

Incontri inaspettati

La prima straordinaria pagina di questo indimenticabile racconto

くまにさそわれて散歩に出る。
(Kuma ni sasowarete sanpo ni deru).

L’orso mi invitò a fare una passeggiata.

Inizia così questo incredibile racconto che profuma di realtà e di sogno. Un piccolo e prezioso ritratto in cui le pennellate di parole donano al lettore una scena di aliena familiarità, bizzarro tepore, confortante stravaganza ed innocente bislaccheria.

D’altra parte, raccontare una storia è fare un regalo.

E questa è la storia di una neonata amicizia tra il narratore – un essere umano – e il suo nuovo vicino di casa, un orso. Questa curiosa amicizia muove i primi passi dalla primissima riga quando appunto veniamo a conoscenza di questo invito, da parte dell’orso, a fare una passeggiata. Una passeggiata con annesso un intrigante picnic, sulle rive di un fiume. Per l’orso, una pagnotta alla francese tagliuzzata un po’ qui e un po’ lì e farcita di patè e ravanello. Per il narratore, un confortante omusubi (altresì noto come onigiri) con umeboshi.

Kawakami sembra prendere per mano il lettore e condurlo in questo suo personalissimo giardino segreto per raccontargli di un orso, curiosamente attento al galateo, che si trova a vivere tra gli umani e che si impegna dunque per iniziare nel migliore dei modi il suo rapporto con loro.

Nel leggere questa strana storia sono passata attraverso curiosità e gioia per poi ritrovarmi delicatamente in uno sbalordimento malinconico miscelato ad una punta di terrore. Un ventaglio di sensazioni inaspettato.

Anche se il racconto è scritto, sembra quasi di venir cullati da un dolce yomikikase ovvero le letture ad alta voce generalmente destinate ai bambini. Magari con l’incanto degli Yin Yin in sottofondo.

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The Rabbit That Hunts Tigers

In un pigro pomeriggio qualunque, ecco srotolarsi davanti ai nostri occhi un’amicizia straordinaria che riesce addirittura ad oltrepassare la barriera di confine tra il regno umano e quello degli animali selvatici. Un orso che si avvicina all’uomo cercando di rispettarne le regole ma al tempo stesso preservando la sua orsitudine. Innegabile e inoccultabile.

Ho immaginato l’uomo e l’animale i quali, giunti al cospetto della grande vetrata che separa i loro regni, si ritrovano intenti ad osservarsi vicendevolmente con coinvolgimento, diffidenza ma anche speranza. E ho immaginato anche il punto di quasi contatto tra mano e zampa in cui la barriera si assottiglia fino a sparire del tutto. Anche se solo per pochi istanti, anche se solo per un unico e spensierato pomeriggio.

Purtroppo sia Kamisama il racconto sia il resto delle storie contenute nel volume non sono ancora stati tradotti ufficialmente in italiano. Per chi legge l’inglese, tuttavia, ci sono buone notizie: in seguito al disastro nucleare del 2011 di Fukushima, l’autrice riscrisse il racconto Kamisama apportando alcune modifiche che lo rendessero rilevante alla luce dei tragici fatti appena avvenuti. Lo trovate qui.

Kamisama