
Scrivo liberamente senza badare troppo alle imposizioni SEO, ai criteri di leggibilità, agli avvertimenti di WordPress e tutta quella paccottiglia di cui ormai siamo vittime, forse ancora inconsapevolmente. Catene invisibili che hanno, piano piano, ingabbiato inesorabilmente la comunicazione e il piacere di raccontare per farlo diventare solo un ennesimo prodotto da vendere. Una subdola trappola che si è presentata a noi fingendo di essere un miglioramento, un passo avanti, un progresso.
Sinceramente non so chi mi legga ancora. Biancorosso Giappone è un blog dalla storia rocambolesca e travagliata ma che, nonostante tutto, ha ancora la sua voce da ben quindici anni. Quindici. Solo a scrivere questo numero composto da otto lettere avverto una fitta che è un incrocio tra l’incredulità e l’orgoglio.
Un blog nato un po’ per gioco, laggiù, tra le mura confortanti della mia cucina a Sagamihara. Col mio vecchio e amato MacBook bianco appoggiato su quel grande tavolo di legno scuro.
Un blog nato in un tempo che ora sembra quasi appartenere alla dimensione del sogno. Adesso più che mai.
Nebulosi vortici
Il mio scrivere però continua. Fintantoché mi è possibile, ovviamente. Continuo a scrivere e a raccontare sperando che questa mia voce riesca a fendere anche i nebulosi vortici in cui ci troviamo in questo periodo storico senza precedenti. O meglio, parzialmente senza precedenti.
In questo clima esasperato di polarizzazione e divisione e di veleno che scorre copiosamente sui fili dei social, ho scelto di allontanarmi da queste piattaforme che hanno perso la loro presunta missione socializzante per trasformarsi in mastodontici contenitori da cui fuoriescono ormai soltanto tossiche esalazioni.
Tregue
In rigeneranti tazze di sencha ritrovo ristoro. Il miglior sencha che mi senta di consigliarvi è quello di Sumie ed è quello che vedete nella foto in alto, preparato nella mia teiera tokoname. Lo trovate QUI. Potete usare il mio codice sconto sulla sua selezione di tè rigorosamente giapponesi: Marianna15
Tregue anche nel potere balsamico della lettura. In questi mesi ho scoperto e riscoperto vari autori tra cui il geniale Bill Bryson il cui The Lost Continent è riuscito ad evocare pianto e ilarità, pagina dopo pagina.
Il robot capriccioso
Ma ho anche scoperto, per la prima volta, una piccola perla della letteratura fantascientifica giapponese: lo scrittore 新一星 Shinichi Hoshi.
Non ho mai nutrito particolare curiosità verso questo genere letterario, nemmeno nella sua declinazione cinematografica. L’unica eccezione è stato un polveroso libro di Isaac Asimov intitolato Il club dei vedovi neri, pubblicato per la prima volta nel 1980, che trovai casualmente anni fa e che divorai in un afoso pomeriggio di disperazione. Un pomeriggio in cui l’azione medicinale della letteratura mi fu quasi salvifica.
Shinichi Hoshi è un autore che ho voluto scoprire piano piano partendo da una sua opera del 1966 intitolata きまぐれロボット (Kimagure Robotto) ovvero il robot capriccioso. L’opera è stata tradotta in inglese nel 1986 tuttavia, che io sappia, non è ancora presente una versione italiana. Ecco qui l’opera in lingua originale in una recente edizione della Kadokawa Bunko, accompagnato dal mio fedelissimo uchiwa di Asakusa con cui trovare refrigerio in queste calde e pesanti giornate di luglio:

Prolifico scrittore nato a Tokyo nel 1926, quindi epoca Taisho, divenuto famoso in Giappone per la sua straordinaria capacità nel comporre racconti brevissimi, di carattere fantascientifico e sempre con una rinfrescante nota ironica. Sono proprio i racconti brevi a costituire una buona parte della sua intera produzione letteraria rendendolo, di fatto, un esperto del genere.
In questa raccolta che sto leggendo i racconti sono, infatti, di una lunghezza che non supera le 4 o 5 pagine. Ogni storia ha come protagonista un Professor Qualcosa e di cui l’autore ci fornisce solo l’iniziale del nome. Oggetto di ogni racconto è una qualche invenzione che inevitabilmente avrà effetti sulle persone, nel bene e nel male. Il tutto raccontato in uno stile scorrevole che coniuga la nota misteriosa della narrazione fantascientifica alla leggerezza di un’innegabile impronta umoristica. Il tutto avvolto in un’irresistibile aura quasi fanciullesca.
Ritorni
Per ritornare in un posto bisogna prima lasciarlo quindi, forse, il titolo di questo paragrafo non è così adatto. In fondo io da questo blog non vado via. Vi sono affettuosamente aggrappata dal lontano 2006 quando ancora era in una veste diversa.
Ma è qui il posto in cui ancora desidero scrivere e forse l’unico rimasto dove mi senta ancora a casa. Nonostante tutto.
Riprenderò lo spazio dedicato ai detti del vecchio himekuri (l’ultimo articolo è qui) e imbastirò alcune idee che mi frullano nella testa da un po’.
Sono una persona esageratamente cocciuta quando ci si mette. Non sempre è un bene ma questa volta credo lo sia.