Accompagnata dalla riflessione sonora di Paul Simon nella sua straordinaria e rilevante Peace Like a River, riprendo in mano questo mio amato blog. Ma questa volta con una grinta diversa, rinnovata e arricchita di un’effervescenza che può solo nascere dal fermento.

Si deve ritornare a scrivere. Per davvero. Liberamente. Senza tutte quelle imbrigliature che hanno complicato la comunicazione degli ultimi dieci anni, suppergiù. Via dalle miliardi di regole che ingabbiano il narrare spontaneo per poterlo confezionare e renderlo commercialmente appetibile.

Ma soprattutto, lontani dai social che ci hanno famelicamente inghiottiti.

E non ce ne siamo neppure accorti.

Si sono cibati di noi, delle nostre energie, dei nostri pensieri, delle nostre forze, dei nostri occhi, persino del nostro sonno. E in cambio ci hanno restituito complessi, apatie, malsani desideri di competizione, invidie, litigi, ripicche, censure. Generosamente ci hanno ricoperti di insicurezze, insoddisfazioni, deboli concentrazioni.

Qualche beneficio sì ma a caro prezzo.

Ho assistito casualmente a lezioni di fotografia per Instagram dove era tutto finto e dove, al termine degli scatti vincenti, il cibo e le bevande venivano impietosamente gettati nella spazzatura poiché meri arredi scenici.

Vaneggi sugli algoritmi delle piattaforme in grado di sancire o meno sodalizi. Numeri apparentemente in lievitante crescita di esperti di social che sembrano disporre di una riserva infinita di strategie su come e cosa dire. E a che ora.

Una insidiosa trappola fatta di facile condivisione e di rapido ed ipnotico scorrimento di migliaia di quelle che gli anglosassoni etichettano come eye candy.

I social vanno dosati se non li si può eliminare tout court.

E’ ora di ritornare a scrivere. A narrare veramente. Qui. A casa mia.

Antidoti

In questo anno e mezzo di epocali sconvolgimenti, confusione, paure palpabili e in grado di depredarci addirittura del desiderio di vivere, cosa si può fare?

Pensare con la propria testa. Dobbiamo riprendere possesso delle nostre capacità di analisi e critica. Ho la nausea di VIP, influencer, dei personaggi più disparati e che a vario titolo dispensano dall’alto lezioni di qualunque cosa.

Chi di voi è attento capirà perfettamente a cosa mi stia riferendo. Non ho bisogno di insozzare le pagine di questo mio prediletto blog per spiegare, condividere (magari nella speranza di appoggio) le mie posizioni su quanto sta avvenendo. Non mi interessa farlo.

Le saggezze di un Himekuri sono un mio antidoto a questo tsunami che ha micro e macro-travolto le nostre vite.

Saggezze di un Himekuri

Lo 日めくり himekuri è un calendario composto da un foglio per ogni giorno dell’anno. Al termine della giornata si strappa il foglio e si lascia spazio alla nuova pagina.

Anni fa Akiko mi regalò un himekuri per l’anno 2015 ovvero il ventisettesimo anno dell’ormai passata era Heisei. Anno anche di rinascita di Biancorosso Giappone in questa nuova veste.

Mi dispiaceva però l’idea di usarlo strappandone le pagine e decisi così di conservarlo. Sulle sue pagine sono riportati dei proverbi, modi di dire, consigli di una saggezza che sarebbe ora riscoprissimo. Sono inviti alla riflessione e all’apprezzamento delle piccole cose. Sono incoraggiamenti, piccole pacche sulla spalla, veloci pennellate d’ironia.

E così Biancorosso Giappone riprende a respirare con le Saggezze di un Himekuri e che pubblicherò soltanto qui sul blog. Ci saranno ogni tanto dei promemoria su Instagram e Facebook ma i contenuti saranno qui e qui dovranno essere assaporati.

Sceglierò a caso dallo himekuri il proverbio da proporre, lo tradurrò, lo commenterò e lascerò a voi lo spazio per riflettere e – se lo desidererete – esternare le vostre sensazioni in merito.

Marianna