
Quasi esattamente due anni fa ho pubblicato l’ultimo articolo della mia rubrica intitolata Saggezze di un Himekuri.
Uno spazio che nasceva dal desiderio di trovare spunti di riflessioni da alcuni detti giapponesi contenuti in un vecchio himekuri (un tipo di calendario). Era un’idea scaturita nel complicato 2021 e alimentata dalla necessità di trovare conforto ma – forse – darne anche.
Qui trovate i quattro precedenti articoli della rubrica:
E oggi torna questo spazio con il suo quinto articolo.
E non torna per caso. Nulla è per caso. Lo sappiamo.
Scegliere il bene

Questo è il detto – o 諺 kotowaza – apparso sulla pagina del 23 dicembre, 2015.
一日一善
Ichinichi ichizen
Traduzione
Ogni giorno, una buona azione.
Il messaggio è chiaro, forse talmente tanto da sembrare banale. Eppure di banale qui non vi è nulla.
Mi trovo in una fase della mia vita in cui la necessità di selezionare le amicizie diventa fondamentale. È già da qualche anno, a dire la verità, che ho imparato ad essere selettiva. La selettività non è snobismo ma un’esigenza dettata dal bisogno di valorizzare il tempo che resta. Contestualmente, è anche un’armatura.
Ci troviamo sempre a dover fare i conti col tempo che resta ma la consapevolezza della sua preziosità non è immediata e, come in tutte le cose, essa inizia ad aumentare quando realizziamo che non è infinito.
Da bambini e da ragazzi non ci si pone la domanda della durata del tempo perché esso semplicemente c’è.
Ad un certo punto, invece, è come se ci accorgessimo di avere fra le mani una candela che getta una luce confortante sul nostro cammino ma che, contemporaneamente, si consuma ogni giorno di più. Occorre, dunque, usare con saggezza quella luce affinché il giusto cammino sia chiaro.
Fare del bene, ogni giorno. Questo è il messaggio del detto di oggi.
Fare del bene, anche attraverso azioni piccole e poco significative in apparenza, è un gesto rivoluzionario in quest’epoca in cui ormai moltissimi sembrano assorbiti da se stessi.
Parenti, conoscenti, amici – o presunti tali – che parlano e basta. Ma non ascoltano. Valanghe di parole, di sfoghi, di lamentele, di vanti. Tutto gira intorno a loro poiché il resto non esiste.
E tu sei lì, ad ascoltare, cercando di non venir travolto dall’ondata di lagne o di autoreferenzialità che ha sostituito la conversazione costruttiva e mutualmente benefica.
Ora il beneficio è unidirezionale.

Non voglio generalizzare perché farlo significherebbe essere ingiusti nei confronti di chi invece cerca l’equilibrio del dare e avere.
Serve, quindi, imparare il distacco elegante e diplomatico senza però mai rinunciare a fare del bene. Il rischio, quando si perde la pazienza, è di chiudersi in se stessi privandosi così della possibilità di contribuire al mondo con tante piccole buone azioni giornaliere.

Basta poco per fare del bene ogni giorno: un saluto, una domanda sincera del tipo come stai? Hai bisogno di qualcosa?, un sorriso, un dono, un’informazione utile condivisa con chi potrebbe averne bisogno. Una scodella di acqua fresca da offrire ad un cane assetato. Una carezza ad un gatto. Due parole scambiate amichevolmente con qualcuno che sta attraversando una tempesta. Un caffè sospeso. Basta anche solo mostrare rispetto non alzando la voce, dicendo grazie, chiedendo scusa.
A me piace molto, ad esempio, anche ringraziare commessi, camerieri e altre figure professionali del loro lavoro e impegno. E invariabilmente ricevo in cambio espressioni timide ma grate.

一日一善 ichinichi-ichizen significa fare del proprio meglio per gettare un semino di gentilezza ogni giorno e – aggiungo io – ripararsi da ciò che potrebbe esasperarci e scoraggiarci dal fare del bene.
Origini del detto
Come spesso accade con questi modi di dire tradizionali giapponesi, anche 一日一善 ichinichi-ichizen ha una derivazione buddista. Proverrebbe dal concetto di 六度万行 rokudo-mangyō conosciute altresì come le sei paramita, dove il termine sanscrito paramita significa all’incirca perfezioni. Si tratta di una lista di comportamenti positivi che, secondo la dottrina buddista, possono essere antidoti contro alcune delle insidie insite nell’essere umano come la pigrizia, l’avarizia, la rabbia, l’invidia ecc. Atteggiamenti quali la generosità, la pazienza, l’autodisciplina ecc. possono contrastare queste trappole.
Storicamente, dunque, l’origine di questo kotowaza è buddista ma al di là di ciò ritroviamo facilmente saggezza in questo pensiero perché la gentilezza verso il prossimo è un valore universale.
Gentili…abbuffate?
Concludo questo quinto articolo della rubrica Saggezze di un himekuri con un sorriso.
Esiste, infatti, una buffa modifica al detto di oggi proposto dal calendario himekuri: in esso si invita – ogni giorno – non tanto alla gentilezza quanto all’abbuffata di ben sette scodelle di riso!

Fonte immagine.
Il detto originale dello himekuri, se modificato, si legge: 一日七膳 ichinichi-shichizen.
Oltre ad essere stato cambiato il numero da 1 a 7, qui il vero gioco di parole si ha sulla parola zen che – come tantissime parole giapponesi – può corrispondere a molteplici significati. Tutto dipende dal kanji con cui lo si rappresenta.
È un classico caso di omofonia ovvero di relazione che intercorre tra due o più parole che hanno la stessa pronuncia ma significati diversi. E come potrete immaginare, è proprio su questo fenomeno che si basano molti giochi di parole giapponesi.
L’accezione a cui viene più immediato pensare è quella riferita allo Zen come forma di buddismo giapponese rielaborata sul modello del buddismo cinese della scuola Chán. Il carattere che rappresenta questo concetto è 禅 che in giapponese si legge zen mentre in cinese si legge chán.
Ma nel detto di oggi, lo zen protagonista non c’entra con monaci e monasteri, se non tangenzialmente. Si tratta del carattere 善 ossia il bene, la virtù. E lo si legge appunto zen. Ecco perché si invita a fare del bene una volta al giorno.

Infine, il motto del ghiottone invita al consumo di sette scodelle di riso al giorno. Ecco, qui non vi sono né monaci né virtù ma solo insaziabile voracità. Lo zen del mangione, infatti, è rappresentato dal carattere 膳 che curiosamente può significare: piccolo tavolino in legno (ho scritto qui dei tavolini o-zen)o pasto. Ma è un termine che rimane in ambito squisitamente gastronomico poiché può essere usato anche come contatore per contare bacchette e scodelle di riso secondo il complesso sistema di conteggio previsto nella lingua giapponese.
E anche questo si legge zen.