
In questa tenace morsa di caldo in cui ormai ci troviamo da non so più quanto, l’appetito fatica ad esserci. Mi è tornato in mente in questi giorni – e non è un caso – un piatto della cucina giapponese estiva: la 冷やし中華 hiyashi-chūka, considerata da molti la versione estiva dei rāmen.
Nell’attenta catalogazione stagionale delle cose che è insita nello spirito giapponese, anche la hiyashi-chūka ha un suo momento di gloria annuale e una sorta di rituale con cui entra in scena. Essa, infatti, un po’ come il mugicha (di cui vi avevo parlato qui) fa il suo ingresso al primo rialzo delle temperature. Non prima.
Generalmente, nei supermercati e nei konbini si iniziano a vedere gli spaghettini e le salse per la hiyashi-chūka a partire da fine aprile in poi. Ma il vero ritorno sui menù dei ristoranti di solito avviene a fine primavera o a inizi estate ed è sempre annunciato da un messaggio esposto all’esterno o comunque in un qualche punto subito visibile. Questo:
Le parole del messaggio sono: 冷やし中華はじめました。Hiyashi-chūka hajimemashita. Vale a dire: abbiamo iniziato la hiyashi-chūka. Cioè è ritornata ad essere disponibile.
La cosa curiosa, però, è che il ritorno trionfante del piatto sui menù estivi viene annunciato con la grancassa ma lo stesso non accade per la sua partenza.

Ai primissimi sentori autunnali, infatti, la hiyashi-chūka sparirà dai supermercati, dai menù e dai banchi frigo dei konbini di quartiere per dileguarsi in un viaggio lungo un anno. Se ne va ogni anno così, senza avvisare. Nessun messaggio sventolante posto all’esterno delle trattorie, nessun avvertimento.
E così ricordo l’arrivo della hiyashi-chūka ogni anno: prima sommessamente nelle corsie dei supermercati e poi con grande stile e squilli di trombe sui menù. E infine, il suo svanire nel silenzio di quell’aria già timidamente autunnale.
Cos’è la Hiyashi-chūka?
È presto detto: si tratta di un piatto di spaghetti cinesi freddi guarniti con una varietà di ingredienti freschi. Il tutto viene infine condito con una caratteristica salsa molto rinfrescante a base essenzialmente di salsa di soia e aceto. Della salsa esiste anche un’altra famosa versione a base però di sesamo.
Potremmo dire che se in estate noi abbiamo l’insalata di pasta, in Giappone hanno la hiyashi-chūka.
È un piatto molto semplice da realizzare anche grazie alla sua naturale versatilità; le versioni possono essere moltissime e rispecchiare ognuna i propri gusti personali.
Nella ricetta vedremo quali sono le guarnizioni tradizionali ma anche alternative altrettanto deliziose. Ovviamente poi, come per ogni ricetta che si rispetti, anche in questo caso la differenza la farà chi la prepara aggiungendoci un proprio tocco speciale.
Che origini ha?
La hiyashi-chūka fa parte della cosiddetta 中華料理 chūka-ryōri, ossia della cucina cinese come intesa dai giapponesi. Si tratta di uno dei tre grandi blocchi in cui è divisa la cucina giapponese tutta: quella giapponese propriamente detta, quella occidentale o 洋食 yōshoku e infine la cucina cinese o chūka-ryōri.
In merito alla chūka-ryōri si potrebbero scrivere pagine e pagine tanto è affascinante la sua evoluzione e la sua influenza sul popolo giapponese. Particolarmente interessante è il modo in cui è cambiata nel tempo la percezione della cucina cinese nella mente giapponese: da cucina esotica, pesante, non salutare e comunque solo per gli immigrati cinesi …a una cucina che gradualmente ha trovato un proprio lustro, sebbene mai tanto quanto quella occidentale.
A tal proposito, se ci sarà interesse a riguardo, potrò esplorare l’argomento in profondità. Sarà certamente fondamentale prendere in esame gli scritti dello studioso Kaibara Ekiken, vissuto nel Periodo Edo, che dedicò alla cucina cinese una serie di considerazioni piuttosto curiose. Lo studioso, infatti, affrontò l’argomento mettendo a confronto quella cucina con quella giapponese e traendo una serie di conclusioni che, indubbiamente, farebbero storcere il naso a molti oggigiorno.
Solo ripercorrendo le vicissitudini della cucina cinese in Giappone si potrebbe, in questo modo, rivivere una parte importante della storia giapponese, a partire dal Periodo Edo fino al secondo dopoguerra.
Sebbene, però, questo piatto sia parte del repertorio cinese, le sue origini sono deliziosamente giapponesi: si dice sia nato nel 1937, a Sendai, nella Prefettura di Miyagi (nord di Tokyo), ad opera del proprietario di un ristorante cinese della città: il 龍亭 Ryū-tei (il cui nome molto evocativo significa “Ristorante del Drago”).
A causa del caldo insopportabile, il proprietario del ristorante del Drago di Sendai si rese conto che le vendite del rāmen stavano colando a picco. Urgeva un’idea. Quale migliore soluzione se non quella di servire il rāmen però freddo e accompagnato da un brodo che lo fosse altrettanto?
Ed ecco nata l’idea della hiyashi-chūka il cui nome significa piatto cinese freddo.
Ma come spesso accade con ricette famose, c’è sempre una sorta di lotta alla paternità del piatto. Teorie varie che si scontrano in una gara che forse non avrà mai vincitori né vinti.
Vi è infatti chi sostiene che il piatto sia stato inventato nel 1929 a Tokyo, da Yosuko Saikan, storico ristorante cinese del quartiere di Jimbocho. Pare che in quel caso l’idea sia nata da un momento di geniale ispirazione che aveva colto il proprietario durante una cena. Si narra, infatti, che questo signore avesse improvvisamente immaginato una montagna di spaghetti freddi conditi tale da assomigliare al Monte Fuji.
Sia come sia, le sue origini si possono collocare con sicurezza negli anni Trenta, in Giappone. Quindi un piatto nato negli ambienti delle cucine dei ristoranti cinesi in un Giappone che stava iniziando a scoprire le delizie di quest’antica tavola.
Hiyashi-chūka: la ricetta
Arriviamo al sodo, ossia la ricetta vera e propria. Come vedrete, sarà divisa in quattro fasi: la preparazione della たれ tare ossia della salsa, la preparazione delle guarnizioni, quella del 金糸卵 kinshi-tamago e infine la cottura degli spaghetti cinesi.
La ricetta è per due persone.
Elencherò subito gli ingredienti per ogni fase dopodiché le illustrerò singolarmente.
A mio parere, conviene seguire l’ordine delle fasi come ve lo presento per evitare la non riuscita del piatto.
Ingredienti per la Tare o salsa
2 pezzetti di zenzero fresco grattugiato
8 cucchiai di salsa di soia
6 cucchiai di aceto di riso
4 cucchiai di brodo di pollo (o vegetale oppure anche solo acqua)*
4 cucchiai d’acqua
4 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di olio di sesamo tostato
1 cucchiaino di Rayu o olio piccante (facoltativo)
Per avvicinarmi di più al sapore orientale della tare, ho usato un granulare di pollo dalla Tailandia: ho stemperato un cucchiaino scarso di granulare in quattro cucchiai d’acqua calda. Potete usare del brodo fatto con dadi nostrani, del brodo fresco oppure dell’acqua.
Ingredienti per il Kinshi-tamago
Il kinshi-tamago è una frittatina semplice che viene arrotolata su se stessa e tagliata a striscioline fini. Il nome stesso significa uovo a fili d’oro. Il kinshi-tamago viene usato molto spesso come decorazione per il suo colore vivace e il suo aspetto piuttosto scenografico.
Per realizzare questi fili d’oro di uovo serviranno:
2 uova
un pizzico di sale
un pizzico di zucchero
Ingredienti per guarnire
Qui ci si potrà sbizzarrire. Le guarnizioni classiche sono: il kinshi-tamago, i pomodori, il prosciutto, i cetrioli. Però esistono così tante versioni di questo piatto con una grande varietà di ingredienti da poter davvero contemplare qualsiasi cosa vi piaccia.
Alcuni suggerimenti: gamberi cotti, surimi, avocado, tonno sgocciolato, mais, pollo lessato, funghi shiitake, affettato di tacchino, ecc.
Per la mia versione ho usato come guarnizione: kinshi-tamago, pomodori, cetrioli, peperone verde.
Per gli spaghetti cinesi
Bisognerebbe usare spaghettini freschi per ramen, se possibile. Se non li trovate però non disperate. Potete usare quelli secchi che trovate in commercio nei negozi di alimentari asiatici. E se guardate bene è molto probabile che troviate quelli che ho usato:
Se proprio non doveste trovare alcunché di simile, provate con dei semplici tagliolini all’uovo.
Preparazione della Tare
Conviene preparare subito la Tare in modo da avere il tempo che questa si raffreddi adeguatamente. La ricetta di questa salsa è autentica. Quando l’ho preparata ho avuto un momento di proustiana emozione.

Per la Tare, riunire in un pentolino tutti gli ingredienti sopraelencati e portarli ad ebollizione a fiamma media. Non appena inizierà il bollore, spegnere. Lasciare raffreddare completamente trasferendola, se necessario, in frigorifero. La salsa dovrà essere fredda al momento di servire.
Kinshi-tamago
Per preparare i fili d’oro dovrete semplicemente sbattere due uova e aggiungerci un pizzico di sale e uno di zucchero.
Preriscaldare un padellino, ungerlo delicatamente con un po’ di olio di semi. Potete usare un pezzo di carta da cucina per assorbire l’olio in eccesso. Si dovranno ottenere due frittate quindi versare metà dell’uovo sbattuto e lasciar cuocere. Quando la superficie sarà cotta, girare la frittata dall’altra parte e lasciare che la cottura proceda ancora per un minuto o due. Ripetere l’operazione con l’uovo restante.
Una volta che le frittate saranno pronte, arrotolarle su se stesse e tagliarle a striscioline sottili. Ecco pronto il kinshi-tamago. Mettere da parte.
Taglio delle verdure
A questo punto potete dedicarvi al taglio delle verdure oppure alla preparazione dei gamberi, del tonno o di qualsiasi altra guarnizione abbiate piacere. Io ho usato solo verdure che ho tagliato in questo modo.
Per il pomodoro: è sufficiente tagliarli a spicchi.
Per il peperone: basta tagliarlo a striscioline sottili.
Per il cetriolo, invece, è consigliato questo taglio:
Sbucciare il cetriolo in maniera alternata, come nella prima foto. Dopodiché affettarlo diagonalmente a fette sottili. Una volta ottenute le fettine sottili, impilarne un po’ per volta e tagliarle a striscioline tipo julienne.
Cottura degli spaghetti cinesi
Mettere a bollire dell’acqua in una pentola, senza aggiungere sale. Quando l’acqua inizierà a bollire, calare gli spaghetti (circa 100g a testa). Seguire le indicazioni riportate sulla confezione ricordandosi però di mirare ad una cottura al dente.
Scolare e risciacquare subito sotto acqua fredda. Lasciare da parte.
Ci siamo quasi!
Adesso è arrivato il momento di assemblare il piatto.

Scegliete due bei piatti capienti. Dividete subito gli spaghetti in due porzioni e metteteli al centro di ogni piatto. Dopodiché iniziate a decorare con il resto degli ingredienti.
Ricordatevi di disporre in maniera ordinata le guarnizione in modo che si crei un bel gioco di forme e colori. Nella cucina giapponese l’occhio vuole sempre la sua parte!
Quando siete pronti per mettervi a tavola, potete tirare fuori la Tare dal frigo. Verificate che si sia raffreddata per bene.
Ora non resta che condire la vostra hiyashi-chūka con la gustosissima salsa!
Come potete vedere, si tratta di un piatto più lungo a spiegarsi che a farsi. E soprattutto, si tratta di un piatto che permette veramente molte modifiche sulla base dei propri gusti personali.
Se optate per una versione vegetariana, saltate il brodo di pollo e usate quello vegetale. E se optate per una versione vegana, fate lo stesso oltre a evitare il kinshi-tamago: potrete sbizzarrirvi con tanti altri ingredienti colorati.
Per concludere
Questo piatto vi stupirà per la sua bontà, freschezza e versatilità. Il suo sapore, dato prevalentemente dalla Tare, sarà l’elemento distintivo che saprà ricatapultarvi nelle estati giapponesi se le avete già vissute. Diversamente, saprà farvele immaginare molto bene.
Mi piace pensare che anche il grande Tanizaki si sia lasciato ammaliare da un buon piatto di hiyashi-chūka nelle torride estati di Tokyo e Yokohama. D’altronde lui era un grande amante della cultura e della letteratura cinese. Pensate che passò molto tempo in uno dei primi ristoranti cinesi di Tokyo, il Kairakuen di Nihonbashi, di cui era proprietaria la famiglia del suo caro amico Sasanuma Gennosuke.