Preziosa carta di Echizen
越前和紙

Le sottili tendine della mia finestra avevano già iniziato a distillare i forti raggi del sole di marzo e quest’infusione dorata illuminava ogni cosa attorno a me. Un po’ di quest’aurea essenza accarezzava alcuni foglietti di carta di Echizen che mi aveva regalato Megumi.
La preziosa carta di Echizen è originaria della Prefettura di Fukui. Si narra sia il frutto degli insegnamenti di una misteriosa principessa apparsa improvvisamente in quelle zone più di millecinquecento anni fa.
Dal tumultuoso periodo Muromachi al mio amato periodo Edo, la carta di Echizen fu elemento irrinunciabile nelle corrispondenze ufficiali tra i membri della corte imperiale e i samurai.

La straordinaria carta di Echizen

La carta di Echizen è elegante e trasmette calore. Tanizaki, ne sono certa, l’amava. Nel suo Libro d’ombra 「陰翳礼讃」lo scrittore lodava la bellezza della carta tradizionale giapponese proprio per questa sua capacità di accogliere dolcemente la luce anziché respingerla come fa la carta occidentale.
A Tanizaki ho dedicato molti miei scritti. Qui un articolo di qualche tempo fa.

Giochi di carta

In quest’atmosfera avvolta nell’oro di marzo ho giocato con i fogli di carta di Echizen. Avevano già sorseggiato delicatamente un po’ di quella luce brillante che era penetrata lentamente nelle sue fibre di gelso. Quasi come eteree viscere.

Ho giocato con qualche semplice origami cimentandomi, questa volta, nella realizzazione di alcuni 箸置き hashi-oki o poggia-bacchette.

Qualche stella colorata e poi un piccolo origami a forma di 銀錠 ginjō ovvero i lingotti d’oro e argento dell’antica Cina.

I miei piccoli hashi-oki
I miei hashi-oki all’opera
Stelle di marzo

La domenica è scivolata via, tra una piega e l’altra, nella consapevolezza della preziosità del presente. E non nell’anelito al domani. For someday never comes – cantavano i Creedence Clearwater Revival.

Le mie finestre erano quasi spalancate. Non del tutto però. Forse mi sembrava ancora presto aprirle completamente. Ma il sole riusciva comunque ad insinuarsi in ogni angolo della stanza.
Da lontano ho sentito il piano sconsolato di una donna. Non so dove fosse né perché piangesse. Però ho provato dispiacere assieme a lei, qualunque fosse la causa del suo dolore. Il suo lamento, però, ad un certo punto è cessato e al suo posto voci gentili di chi l’ha consolata.

Ho piegato con attenzione le stelline di carta e ho immaginato fossero le stelle di marzo.

Giocando con la carta

Kawari-e: Storie di carta dell’antico Giappone

A Tokyo ero stata in un piccolo ma prezioso museo che si chiama たばこと塩博物館 Tabako to shio hakubutsukan ovvero il museo del Tabacco e del Sale, nel quartiere speciale di Sumida-ku. Il museo è dedicato alla storia di questi due prodotti, soprattutto in relazione al Giappone.
Fu lì che venni a conoscenza dei 変り絵 Kawari-e.
I Kawari-e (o figure che cambiano) sono un vecchio gioco dell’antico Giappone. Sono conosciuti anche come 折り変り絵 orikawari-e e 畳変り絵 tatamikawari-e.
In poche parole, si tratta di un foglio di carta su cui sono presenti varie immagini. A seconda di come si piegherà il foglio sarà possibile ottenere nuove figure e – perché no – inventare così tante storie sempre diverse.

Nel periodo Edo – epoca caratterizzata dalla popolarizzazione della letteratura e da una fiorente industria editoriale – esisteva un filone dell’editoria infantile che produceva i cosiddetti おもちゃ絵 omocha-e. Erano delle specie di album di figurine per bambini.

Esempio di omocha-e. Fonte.

Ebbene, i kawari-e appartenevano al filone degli omocha-e e rappresentavano un amatissimo passatempo dei bambini del periodo Edo.
I kawari-e ebbero grande successo per tutto il periodo Edo fino verso la metà del periodo Meiji.

Il mio kawari-e

Al museo acquistai una riproduzione di un kawari-e risalente all’epoca 享保 Kyōhō (1716-1736).

In esso vediamo dapprima una nobildonna di corte intenta srotolare una pergamena. Forse è di una poesia. È seduta vicino al tokonoma di una stanza. Dietro di lei, infatti, vediamo un kakemono appeso alla parete della nicchia. Davanti a lei, invece, un piccolo vassoio con sopra disposti del tabacco e una specie di pipa in voga ai tempi.
I giapponesi conoscono il tabacco dal sedicesimo secolo, circa, cioè dall’arrivo dei portoghesi. Ma il tabacco, come i libri, conobbe grande diffusione proprio nel Periodo Edo divenendo poi monopolio di Stato nel 1949.

Una prima piega ci mostra la nobildonna non più seduta ma in piedi, sempre abbigliata in un elegante kimono autunnale abbellito da grandi foglie d’acero. Un’altra piega ancora e vediamo cambiare il nodo del suo obi.

Ma in questa tranquilla stanza di una residenza imperiale di chissà quale provincia dello Shogunato, ecco avvenire trasformazioni davvero strabilianti!

Infatti, ad ogni piega, una sorpresa!

Appare poi un principe!

O forse è solo il gioco frutto di una scaltra dissimulazione!